“Il pensiero creativo non è solo per artisti e designer – è una soft skill cruciale per chi vuole fare la differenza.”
In un mondo del lavoro caratterizzato da volatilità, incertezza, complessità e ambiguità (il cosiddetto mondo VUCA) la capacità di adattarsi ai cambiamenti diventa una caratteristica essenziale. In questo contesto, il pensiero creativo si configura come una competenza strategica necessaria per affrontare le sfide quotidiane, guidare l’innovazione e sopravvivere in un ambiente in continuo cambiamento.
Ma a cosa ci riferiamo quando parliamo di creatività applicata ai contesti professionali? Prima di rispondere a questa domanda, facciamo un passo indietro e scopriamo cos’è il pensiero creativo.
Cos’è il pensiero creativo (e cosa non è)
Pensare in modo creativo significa uscire dagli schemi mentali abituali per trovare soluzioni nuove, spesso inattese, ai problemi che si presentano quotidianamente sul lavoro e nella vita privata. È la capacità di creare connessioni tra elementi apparentemente distanti, di generare alternative di pensiero unendo elementi esistenti in modi del tutto nuovi per trovare soluzioni inedite.
Il pensiero creativo non è sinonimo di fantasia o di genialità, non è nemmeno un dono innato riservato a pochi “creativi”. È, invece, una competenza che può essere allenata, sviluppata e potenziata nel tempo, proprio come il pensiero analitico o la capacità di comunicare.
Dal punto di vista psicologico, la creatività è stata ampiamente studiata, soprattutto a partire dagli anni ’50 con le ricerche pionieristiche di J.P. Guilford. Egli descriveva la creatività come “pensiero divergente”, cioè come la capacità di generare molteplici soluzioni originali a uno stesso problema. Più recentemente, Robert Sternberg ha proposto una definizione integrata, descrivendo la creatività come “la capacità di produrre qualcosa di nuovo e utile” (Sternberg & Lubart, 1999), sottolineando dunque non solo l’originalità, ma anche la rilevanza delle idee nel contesto in cui emergono.
La creatività nei contesti organizzativi
Riferendoci ai contesti organizzativi, Teresa Amabile, docente alla Harvard Business School, ha formulato una definizione più ambia di creatività. Secondo il suo modello interattivo (1983), la creatività non è una caratteristica innata, ma si manifesta grazie alla presenza di tre fattori: abilità, motivazione e opportunità. Non è quindi un talento misterioso riservato a pochi, ma il risultato di una combinazione di elementi che possono essere coltivati e sviluppati all’interno delle organizzazioni.
Non solo, che tu sia un lavoratore, un leader o un manager se sviluppi la tua capacità di pensare in modo creativo aumenti le tue possibilità di fare la differenza a livello di performance individuale, di team e organizzativa.
Ma come agisce il pensiero creativo sui diversi livelli?
A livello individuale il pensiero creativo aumenta la capacità di problem solving, l’engagement e la motivazione, oltre alla capacità di reinventarsi e apprendere velocemente. A livello di team la creatività rende più efficace la collaborazione tra i membri grazie al generarsi di visioni diverse, l’aumento di idee innovative aumenta anche le possibili soluzioni a un problema, e il clima di lavoro nel team diventa più stimolante. A livello manageriale la creatività aiuta a prendere decisioni meno automatiche e più consapevoli, aumenta la capacità di gestire il cambiamento e di valorizzare pensieri e talenti differenti. A livello organizzativo il pensiero creativo contribuisce a creare una cultura aperta all’innovazione e all’apprendimento continuo, migliora le capacità aziendali di adattarsi ai cambiamenti del mercato garantendo un vantaggio competitivo sostenibile.
Tutto questo ce lo conferma anche la scienza. Numerose ricerche hanno evidenziato come la creatività individuale sia strettamente legata alla performance lavorativa. Una meta-analisi di Hammond et al. (2011) ha mostrato come la creatività sia positivamente correlata sia con l’efficacia individuale che con l’innovazione a livello di team. Allo stesso tempo, Paulus e Nijstad (2003) hanno messo in evidenza l’importanza delle dinamiche collettive: team con maggiore diversità cognitiva e apertura alla sperimentazione tendono a produrre soluzioni più efficaci e innovative.
Come stimolare e coltivare il pensiero creativo in azienda
Strumenti per pensare in modo creativo: i Sei Cappelli per Pensare di De Bono
Uno dei modelli più noti e applicati per allenare il pensiero creativo in team è quello dei “Six Thinking Hats”, sviluppato da Edward De Bono negli anni ’80. Questo strumento permette di allenare il pensiero creativo all’interno del gruppo, utilizzando sei punti di vista differenti, per far sì che ogni confronto sia un’occasione per generare soluzioni innovative e prendere decisioni condivise.
Come funziona questo metodo?
Ogni “cappello” rappresenta un punto di vista specifico e tutti insieme permettono di ampliare la visione su un problema: il cappello bianco richiama i dati e i fatti oggettivi, il rosso dà spazio a emozioni e intuizioni, il nero evidenzia i rischi e i limiti, il giallo esplora i benefici e le potenzialità, il verde libera la creatività e le alternative, il blu, infine, ha la funzione metacognitiva di guidare il processo.
Utilizzare questo metodo in riunioni strategiche, brainstorming o fasi di progettazione consente di attivare un pensiero più completo e meno polarizzato, in cui ogni dimensione – analitica, emotiva, critica e creativa – trova uno spazio legittimo. È un esempio concreto di come il pensiero creativo non debba essere improvvisato, ma possa essere sostenuto da pratiche strutturate.
Come coltivare il pensiero creativo in azienda
Per coltivare la creatività all’interno dei contesti lavorativi non basta formare singoli “pensatori creativi”. Serve costruire le condizioni sistemiche perché la creatività possa esprimersi nel tempo. Questo significa, ad esempio, incoraggiare la curiosità e la sperimentazione, anche a costo di piccoli errori; adottare strumenti come il design thinking o il metodo SCAMPER (Sostituire, Combinare, Adattare, Modificare, Pensare ad altri usi, Eliminare, Riorganizzare); riconoscere il valore delle idee anche quando non portano subito a un risultato tangibile.
Ma soprattutto significa investire sulla cultura organizzativa: promuovere un linguaggio che valorizzi l’originalità, premiare l’iniziativa, coinvolgere le persone nei processi di ideazione e decisione. Una ricerca di IBM su oltre 1500 CEO (2010) ha rivelato che la creatività è stata identificata come la competenza di leadership più importante per affrontare l’incertezza del futuro.
Cosa possono fare le aziende per favorire il pensiero creativo? Ecco alcuni spunti:
- Creare un clima di sicurezza psicologica: far sentire le persone libere di esprimere idee senza il timore di essere giudicate.
- Stimolare la curiosità: fare domande, esplorare scenari alternativi, mettere in discussione le abitudini.
- Favorire la sperimentazione: lasciare spazio a prototipi, test, errori e apprendimento. Meglio “fallire presto” che non provare affatto.
- Usare strumenti creativi: dal brainstorming evoluto al design thinking, dal modello SCAMPER fino alle retrospettive creative nei team agili.
In Pixar, ad esempio, ogni film viene sviluppato in una “braintrust room” dove tutti possono commentare l’idea senza gerarchie. È un ambiente protetto dove la creatività è al centro, e dove errori e feedback sono parte del processo.
Quindi, non servono dei geni creativi, ma un contesto che favorisca nuove connessioni!
Per concludere, possiamo quindi dire che pensare in modo creativo non significa semplicemente avere “buone idee”, ma affrontare i problemi in modo non lineare, cogliere connessioni inaspettate e generare alternative che esulano dagli schemi predefiniti. In contesti di lavoro dinamici, dove molte sfide non hanno una soluzione “giusta” e univoca, il pensiero creativo si dimostra cruciale.
Il pensiero creativo è, pertanto, una competenza trasformativa, perché trasforma i problemi in opportunità, le tensioni in confronto generativo, la routine in evoluzione. È una forma di intelligenza che attraversa ruoli, gerarchie e aree aziendali, e che può essere coltivata con intenzionalità e metodo al fine di farla diventare una competenza strategica essenziale per essere competitivi e innovativi.
Non si tratta, quindi, di “essere creativi” per vocazione, ma di pensare creativamente come pratica professionale quotidiana. A partire da una riunione, da un progetto critico, da una conversazione difficile. Perché ogni contesto, se osservato con occhi nuovi, può diventare uno spazio fertile per idee migliori e soluzioni più efficaci.
E tu, quale spazio puoi creare oggi per accogliere e far crescere una nuova idea nel tuo team o nella tua organizzazione?
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Riferimenti bibliografici
Sternberg, R. J., & Lubart, T. I. (1999). The concept of creativity: Prospects and paradigms. In R. J. Sternberg (Ed.), Handbook of creativity (pp. 3–15). Cambridge University Press.
Hammond, M. M., Neff, N. L., Farr, J. L., Schwall, A. R., & Zhao, X. (2011). Predictors of individual-level innovation at work: A meta-analysis. Psychology of Aesthetics, Creativity, and the Arts, 5(1), 90–105.
Paulus, P. B., & Nijstad, B. A. (Eds.). (2003). Group creativity: Innovation through collaboration. Oxford University Press.